Descrizione
Carognavirus – evidente storpiatura espressionistica di “coronavirus” – è una sequenza perlopiù di brevi o brevissime poesie (e di qualcuna più distesa) che, ordinate per rigorosa data di composizione, diventano qualcosa come un diario versi, estratti dall’annus horribilis 2020, di umori altalenanti, appunto come nei diari: ironici, disperati, sarcastici, irridenti, tragici, maledicenti.
Poesie, pensieri, giochi di parole, ogni termine può esser giusto per questa raccolta di versi mutaforma. Le lettere sono intinte nell’inchiostro all’humor nero che nasce dal cinismo e dallo scetticismo, incollate poi sulla carta a costruire un gioco con gli spettri, soprattutto quello di una morte calata sugli umani come una piaga biblica di un Dio – se c’è, e nel dubbio tutta l’amarezza – che pare abbia perso la mira.
Anche il titolo è così, sembra troppo irridente, ma il termine carogna se da una parte ti parla di un qualcosa di subdolo e maligno – e questo è il virus – nell’altro significato ti parla di corpo in putrefazione, e non c’è bisogno di spiegarlo.
Sono versi fulminanti, salaci, arrabbiati, a volte esercizi di stile in girotondi malevoli, ma il retrogusto – di incredulità e compressione prima, e profonda pietà poi, – che lasciano, è la cosa più importante, è quello che resta una volta che li hai masticati e inghiottiti, quello in cui è impossibile non trovare una sincronia con le proprie emozioni. Sono soprattutto umani, l’ironia usata come una tavola di legno fradicio nel mare in tempesta, unica speranza di raggiungere una salvezza che prima è probabile, poi auspicabile, e infine diventa chissà, poi, forse, vedremo.
Un modo intelligente, creativo e un po’ primordiale di sopravvivere tanto al coronavirus quanto a ogni difficoltà estrema: essere nei suoi confronti un po’ carogna per combattere la paura di diventarlo.
Lorella Fontanelli